sabato 6 luglio 2013

World War Z

 
 
A chi non piacciono gli hamburger?
Riassumerei con questa domanda la mia semiseria valutazione/recensione del film World War Z che ho visto pochi giorni fa.
Dal titolo del blog si intuisce la mia passione per il vino, da qui deriva (non necessariamente ma nel mio caso si) che ne abbia anche per la cucina in generale. Sembrerebbe ovvio che chi è appassionato di cucina e di gastronomia sia de factu un osteggiatore del fast food, cibo americano per eccellenza, il passo poi verso il junk food è breve da lì...
Perchè continuo a parlare di cibo e non di cinema?
Perchè World War Z a me ha fatto lo stesso effetto di mangiare un grosso, grasso, unto baconcheeseburger (my favourite), magari uno di quelli stile Man vs Food (se vi piace il mangiare grasso e sporco non perdetevi questo programma).
Sia chiaro, la reazione che mi procura un cheeseburger con una bella birra gelata è tutto tranne che negativa. Sicuramente non lo vorrei mangiare tutti i giorni, sicuramente non è il miglior cibo possibile, ma di fatto a me di tanto in tanto piace.
 
World War Z è un cheeseburger formato pellicola.
Il film di Marc Forster (regista che sta virando verso i blockbuster dopo un inizio di stampo più intimista con film come Monster's Ball e Neverland) si sviluppa attorno alle vicende di Gerry Lane, (interpretato da Brad Pitt, che qui produce con la sua Plan B Entertainment) un ex investigatore delle Nazioni Unite, e della sua famiglia, alle prese con (ancora loro) zombie poco amichevoli che in breve tempo portano terrore e distruzione su scala mondiale.
In un periodo in cui abbiamo avuto un buon numero di disaster movies e serie Tv americane su zombie e affini, non era facile districarsi tra il già visto, il ridicolo involontario e la noia.
Wolrd War Z riesce in tutto questo a mio avviso in maniera abbastanza brillante, puntando su una prima parte molto dinamica e su una seconda invece un attimo più rallentata da vicende e necessità di copione. Il film scaturisce da un libro scritto da Max Brooks (figlio di cotanto Mel), romanzo epistolare dove tanti racconti di persone sopravvissute delineano e tratteggiano gli eventi post infezione. Gli sceneggiatori qui hanno invece dovuto creare un storia che avesse un inizio e una fine, utilizzando e ove richiesto modellando il materiale del libro.
Si parte quindi subito in piena action, con la famiglia felice costretta a scappare in fretta e furia da quella che sembra essere una epidemia di follia collettiva. Bisogna dire che nel corso del film (quasi due ore di durata) c'è più volte modo di vedere da vicino il buon lavoro fatto dai truccatori, ma quello che mi ha colpito di più sono state le (numerose) scene di massa con molte riprese aeree (impressionante la prima a Philadelphia, in realtà girata in George Square a Glasgow) roba da far quasi impallidire l'attacco al fosso di Helm di Peter Jackson.
Brad Pitt copre chiaramente il ruolo del protagonista e lo troviamo sballottato in diverse locations, ognuna delle quali dà il via a sequenze adrenaliniche al limite del realistico (non comunque meno realistiche di un cheeseburger a 6 piani, il suo gastronomico parallelo), che lo portano infine a una sede della Organizzazione Mondiale della Sanità dove potrà rifugiarsi, elaborare e mettere in pratica le sue teorie per salvare il mondo, in collaborazione con altri sopravvissuti tra i quali un serissimo Pierfrancesco Favino.
Finale da immaginare tra l'altro con possibili spiragli per un eventuale seguito.
Nel complesso un film non memorabile ma assolutamente godibile, per metterla enologicamente intenso ma poco complesso, abbastanza equilibrato.
Ogni commento è ben accetto.
 
 


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