venerdì 30 agosto 2013

Pierre Frick, maestro della biodinamica


Rue Baer numero 5, Pfaffenheim.

Anche per chi è molto appassionato di vino, e magari in particolar modo del vino alsaziano, potrebbe essere difficile associare questo indirizzo a qualcosa di specifico, non parliamo nemmeno di chi non è addentro vicende vinicole, che solo il nome del paese sembra pronunciato da qualcuno che ha appena preso un pugno nei denti.


Invece questo è l'indirizzo del Domaine Pierre Frick, un Signor produttore che vinifica in questi luoghi da dodici generazioni, non proprio da qualche giorno.

Ho avuto il piacere di visitare la sua tenuta qualche settimana fa, in una calda mattinata di fine Luglio. L'azienda è attualmente condotta da Jean-Pierre Frick insieme alla moglie Chantal e con il supporto del figlio Thomas, la futura generazione.

Ciò che distingue la loro azienda da molte altre in Alsazia è il loro modello di viticoltura. Nel 1970 hanno iniziato con la viticoltura biologica, successivamente tradotta in biodinamica dal 1981. Questo significa che sono più di venti anni che il Domaine Pierre Frick lavora vigne e vigneti in maniera biodinamica, producendo vini naturali così tanto in voga negli ultimi anni, ma davvero sconosciuti ai tempi, fatti salvi alcuni pionieri e precursori che hanno tracciato la via per i tanti produttori di oggi.

Per chi vuole avere una idea più approfondita della cultura biodinamica e del suo esponente principale Nicolas Joly, può guardare qui un incontro del produttore con Gary Vaynerchuck, famoso wine blogger americano. 
Proprio in questa intervista Joly menziona i pochi produttori che negli anni '80 hanno intrapreso questo percorso naturalista, tra i quali proprio Frick, rue Baer 5, Pfaffenheim.

Ecco perchè con grande piacere ho incontrato Jean-Pierre, che con grande ospitalità mi ha guidato in una degustazione che ha spaziato su quasi tutta la produzione.
L'azienda è in possesso di circa 12 ha di vigneto suddivisi in diverse parcelle, mai più distanti di 15km, con 3 Grand Cru (Steinert, Vorbourg, Eichberg).


Pinot Noir 2008
Rosso rubino scarico, tipico del vitigno. Buona intensità, tannino levigato, leggeri sentori di frutti rossi.
Pinot Noir Rot Murlè 2007
Rosso rubino con venature granate. Naso più evoluto, con piccoli frutti rossi che lasciano spazio a note di incenso e spezie. Bel tannino, finale lungo.
Pinot Noir Rot Murlè Terasses 2005
Vigna di circa 45 anni. Rosso granato brillante. Naso complesso, si sente il legno derivante da invecchiamento in tonneau centenari, ma ben integrato il frutto che si accompagna a note terziarie di tabacco, cacao e incenso. Sorso minerale, con lunga persistenza.



Riesling 2009 

Paglierino pieno. Fiori freschi e frutta gialla, alcuni accenni agrumati. Abbastanza equilibrato, finisce fresco e sapido.

Riesling Grand Cru Vorbourg 2009

Dal vigneto Vorbourg, esposto sud-sud-est, con terreni calcareo-marnosi. Giallo paglierino carico. Complesso con note citrine fresche abbinate a fragranze più evolute di tabacco dolce. Preciso in bocca, nota sapida abbastanza marcata. 0,8 g/l di zucchero residuo.
Riesling Grand Cru Steinert 2009
Differenza abissale dal coetaneo Vorbourg. Vigneto con esposizione a est da suoli prettamente calcarei, secchi e aridi. Giallo paglierino tendente al dorato, naso intenso e ampio, con note di pesca gialla verso la piena maturazione, albicocche secche, note floreali sfumanti verso toni più minerali e agrumati. In bocca suadente e di grande piacevolezza, 14 g/l di residuo zuccherino regalano una morbidezza avvolgente.

Riesling Rot Murlè - Zéro Sulfite giouté 2010
Il vino naturale nella sua essenza. Nessuna aggiunta di solfiti, nessun filtraggio. Giallo paglierino con riflessi tendenti al verde chiaro. Naso di grande varietà e stravaganza, parte con note di buccia di limone e fragranze fruttate, per mutare in corsa e portarci su toni più salini e minerali, freschi e sapidi. Insieme alla spalla acida presente un filo di piacevolissima carbonica. Malolattica interamente completata.

 
Pinot Gris Zéro Sulfites gioutés 2009
Altro vino senza aggiunte di solfiti, altra grande interpretazione, stavolta di Pinot Gris. Note speziate travolgenti (pepe bianco, rabarbaro) si abbracciano a note di lievito e pan brioche, tenui sentori di frutta bianca essiccata. Si sposerebbe perfettamente con piatti altrettanto speziati.

Gewurztraminer 2008

Giallo paglierino con venature oro. Naso franco, con fragranze speziate e fruttate. Abbastanza fresco, finisce su note di spezie dolci e un lieve tenore zuccherino.

Sylvaner Bergweingarten 2004

Pezzo raro della collezione. Jean-Pierre è convinto delle potenzialità del vitigno al punto tale da sperimentare una vendemmia tardiva di Sylvaner, cosa che non si vede tutti i giorni. Risultato stupefacente. Raccolta manuale a fine vendemmia di grappoli muffati. 9 mesi sui propri lieviti e invecchiamento in tonneau. 33 g/l di zucchero residuo.

Giallo dorato. Naso di grande finezza e ampiezza, spazia da note di frutta candita ad alcuni sentori balsamici e di lievito. Persistenza notevole.

Gewurztraminer Vendanges Tardives Grand Cru Eichberg 2007

Terzo e ultimo Grand Cru assaggiato, Eichberg è un vigneto dal terreno calcareo-marnoso con altitudine compresa tra 200 e 350 metri slm. Gode di un microclima favorevole, secco e temperato, con la più bassa piovosità registrata nell'intera area di Colmar. Color oro brillante, elegantissime note di frutta tropicale, complessità da vendere. In bocca molto ampio, quasi viscoso al palato, ancora tropicalità (mango, papaya, ananas) unita a sferzate minerali accompagnate da una leggera spalla acida vitale. Infinitamente persistente. Vino grandioso.
Grazie Jean-Pierre. A presto.

giovedì 29 agosto 2013

Sauvignon 2011 - Azienda Agricola la Tosa

Seppur da non molto tempo sdraiata in cantina, decido che è venuta l'ora per il Sauvignon dell'Azienda Agricola la Tosa, caposaldo della viticultura piacentina in quel di Vigolzone.
Sono da sempre un appassionato di sauvignon, attratto per lo più dalle interpretazioni friulane e altoatesine ho spesso e volentieri dato opportunità di sorprendermi a sauvignon geograficamente molto disparati per trovare analogie e/o spiccate differenze con quelli che vengono generalmente definiti i tratti caratteristici del vitigno.

Le vigne Morello, Sorriso e Cà di Terra contribuiscono a formare questo vino che affina 7 mesi sui lieviti fini prima di essere imbottigliato in un numero che si avvicina alle 11000 bottiglie, mica poi così poco. L'etichetta è azzeccata, semplice ed essenziale davanti, un compendio di dettagliatissime informazioni agronomico climatiche dietro, dove si viene quasi accompagnati a ritroso a rivivere le circostanze salienti del ciclo vegetativo.
 
Nel bicchiere giallo paglierino, spicca la consistenza, non sono nascosti i 14% vol. che anche l'etichetta svela. Intenso e varietale al naso, verde, molto più vegetale che fruttato, evidenti e intriganti note di sedano e verdura cruda fresca sembrano al principio coprire le più attese fragranze di pompelmo e agrumi che si fanno largo con l'andare del tempo.  
In bocca secco, deciso, abbastanza fresco, caldo, marcatamente sapido. Le note vegetali ritornano (sedano, foglia di pomodoro) per una naturale franchezza con l'analisi olfattiva.
La sapidità continua a farci strada fino alla fine del sorso, con un retrolfatto ancora citrino di discreta piacevolezza. Buon corpo, abbastanza percettibile la sua "meridionalità" rispetto ai suoi cugini altoatesini. 
Le note sapide personalmente hanno compromesso un pò la facilità di beva, forse qui più che in altri casi serve un piatto che smonti la salinità evidente. 


Forse ancora bottiglia non del tutto pronta, da attendere.

sabato 24 agosto 2013

I top ten ATP e i loro equivalenti in bottiglia


Imbottigliamo come puro divertimento i primi dieci giocatori della classifica ATP in dieci vini che meglio rispecchiano a mio giudizio le loro attitudini dentro e fuori dal campo (soprattutto dentro).

#10 Stanislas Wawrinka (SUI)                                                  Ex Voto Hermitage Rouge   Etienne Guigal


Il buon Stan me lo immaginerei  come un’ottima bottiglia di Cote-Rotie. Straordinaria qualità, infinitamente apprezzato dagli intenditori eppure sempre un po’ oscurato dall’aura di qualche compatriota più famoso (mi viene in mente un altro tennista svizzero appena più famoso). Come le vigne del Rodano è sempre arrostito dal sole poi, con tanto di crema. Il suo rovescio  a una mano rievoca i bei tempi passati ed è roba di gran classe, speziato come solo un syrah di Guigal può essere quando alla sua massima espressione. Eterno secondo, ma con stile.




#9 Richard Gasquet (FRA)                                                                        La Coulée de Serrant – Nicolas Joly


Il piccolo francese dal braccio d’oro ricorda tanto gli chenin blanc di Nicolas Joly, pioniere della biodinamica, che nella Valle della Loira produce secondo i dettami del metodo Steiner regalandoci a volte bottiglie di ineguagliabile eleganza, a volte delle vere e proprie ciofeche. Richard cuor di leone, dal rovescio sopraffino, ci ha ormai abituati ad alti e bassi degni del miglior ottovolante disneylandiano, lasciandoci spesso a bocca aperta con colpi eccezionali per poi alla fine perdere partite già vinte. Avercene però.
 
#8 Jo-Wilfired Tsonga (FRA)                                                                     Riesling Vendange Tardive – Hugel
Altro francese in top ten e altro vino francese (ça va sans dire). Jo-Willy  lo equiparerei  a un altro bianco, ma più di corpo (e vorrei vedere, è praticamente la copia di Cassius Clay), una vendemmia tardiva di Hugel da uve riesling. Jo infatti nonostante un gioco esplosivo, è capace di giocate raffinate e ha una mano dolce (ma non dolcissima) come solo un VT alsaziano può essere.  Come un riesling poi necessita pazienza per disvelarsi in tutte le sue peripezie organolettiche ancora noi stiamo aspettando lo Tsonga d’annata per una vera zampata francese in un Grande Slam. In attesa, sperando non sappia di tappo.
#7 Roger Federer (SUI)                                                                                                     Clos du Mesnil – Krug
Stavo sbagliandomi a scrivere il numero 7 quando ho pensato a Roger Federer (per caso qualcuno solo appassionato di vino ma non di tennis non sa di chi sto parlando?), eppure tant’è, ormai al numero 7 del ranking. Federer non potrebbe non essere la più famosa luxury cuvèe del più famoso produttore di Champagne del pianeta. Non solo per ciò che entrambi rappresentano, ma anche per la loro eleganza, l’equilibrio, l’armonia e la classe che dimostrano ogni volta che “scendono in campo”. Lunga vita ai Re.
#6 Juan Martin Del Potro (ARG)                                                                              Opus One – Opus Winery
Primo esponente new  world e per il famoso principio della concordanza andiamo su un vino cult del nuovo mondo. Juan Martino è stato capace di interrompere l’egemonia federeriana agli Us Open 2009, con una prestazione super fatta di poderose mazzate da fondocampo. Il suo gioco è come un Cabernet Sauvignon californiano, potente, robusto, a tratti legnoso, incredibilmente energico. Forse monocorde e un pò senz’anima, ma di grande livello.

#5 Tomas Berdych (CZE)                                                                   Private Reserve Chardonnay – Beringer
 
Algido ceco dai capelli biondi come uno chardonnay invecchiato in legno, Tomas è un perfetto bianco della Napa, di corpo, prestante, dai colpi potentissimi e piatti come un'incudine. Purtroppo al pari della sua equivalente bottiglia, estremamente legnoso e ripetitivo. Esprime il meglio solo in certe situazioni ma difficilmente regala l'acuto che lo rende imbattibile. Incompiuto.

 
#4 David Ferrer (ESP)                                                                        Bricco dell’Uccellone – Giacomo Braida
Infaticabile lavoratore del tennis il buon David potrebbe essere una barbera, ma di qualità, magari invecchiata per benino. Se non si nasce pinot nero meglio non provare a diventarlo, meglio affinarsi per quel che il vitigno può regalare. E questo giocatore nel tempo si è migliorato eccome, rimanendo un po’ spigoloso come una buona barbera richiede, ma acquisendo una gran versatilità e anche un filo di complessità (di gioco). Campagnolo d’annata.
 
#3 Andy Murray (SCO)                                                Grands Echézeaux – Domaine de la Romanée-Conti
Primo britannico a trionfare a Wimbledon dal 1936, lo scozzese sembra aver trovato tutti gli ingredienti per potersi affermare sui propri diretti avversari. Per me può assomigliare a un grande pinot nero, talvolta scorbutico e attendista, se nelle migliori condizioni dispiega un ampissimo campionario di profumi (pardon, colpi) che nessuno al momento possiede. Forse manca un filo in eleganza per essere un Romanée-Conti, ma il tempo può essere dalla sua parte. In affinamento.
#2 Rafael Nadal (ESP)                                                             Brunello di Montalcino – Tenuta Biondi Santi
Rafa Nadal e i suoi tic si meritano di essere un  Brunello di Biondi Santi (e scusa se è poco), leggendario, emblema del proprio ambito in terra nazionale e trascinatore di tanti che hanno provato a seguirne le orme, (quasi tutti) senza farcela, qualcuno anche con qualche aiutino non lecito (più scoperti i brunelli dopati finora). Si somigliano perché abbinano possenza e aggressività a componenti di grande territorialità e aderenza al proprio terroir d’origine. Così come nemesi è stato del rivale Federer, così non vedo altro vino come il Biondi Santi così lontano per caratteristiche e approccio mainstream al sopracitato federeriano Krug.
 

#1 Novak Djokovic (SRB)                                                                                    Chateau Margaux – Margaux
Al numero uno rendiamo omaggio con uno Chateau Margaux. Bordeaux è da sempre sinonimo di ricerca spasmodica della perfezione, di pulizia esecutiva, di sfarzo sebbene non tutti siano d’accordo sul fatto che i suoi vini siano effettivamente i migliori o i più emozionanti. Djokovic  mi ricorda questi dibattiti, è indubbiamente completo, fortissimo, estremamente composto nel suo tennis ma allo stesso tempo sempre controversa è la discussione sul suo reale valore di numero uno e sulla sua simpatia da parte degli addetti ai lavori. Certo Margaux è bottiglia che si ricorda, così sarà per Nole.


 

lunedì 19 agosto 2013

Valtellina Superiore ai suoi massimi - Nino Negri Vigneto Fracia 2009


La Valtellina è ormai da anni ai vertici dell'enologia italiana, un'area vinicola capace di regalare rossi straordinari da quelle uve nebbiolo, qui chiamate localmente Chiavvenasca, così famose in Langa. Valtellina Superiore è una delle denominazioni ammesse, insieme al Rosso di Valtellina e al più famoso Sforzato.

Nino Negri è certamente il produttore più famoso dell'intera regione, un'azienda con sede a Chiuro con una storia ormai più che centenaria alle spalle.

Il Vigneto Fracia è una delle bottiglie di punta dell'intera produzione, un Valtellina Superiore importante ottenuto da uve selezionate di uno specifico cru aziendale, quello che dà appunto il nome al vino. Il vigneto si trova nella sottozona Valgella, la più estesa delle cinque sottozone che compongono l'area vitivinicola valtellinese insieme a Inferno, Sassella, Grumello e Maroggia. 

Da questo cru aziendale di 7 ha nascono le uve che compongono il Vigneto Fracia, le vigne crescono sui tipici ripidi terrazzamenti valtellinesi con allevamento a Guyot su un terreno franco sabbioso con esposizione a Sud.
I grappoli sono stati selezionati e vendemmiati a fine Ottobre, una vendemmia tardiva che ha permesso una maggiore concentrazione degli zuccheri nell'acino.

Venti i mesi di sosta del vino in botti di rovere di secondo passaggio, prima di un ulteriore affinamento di 6 mesi in bottiglia che precede la commercializzazione.  
Dal sito ufficiale si conoscono anche interessanti annotazioni riguardo all'annata 2009 che ha visto, cito testualmente: "un Gennaio dove le precipitazioni nevose si sono succedute cospicue e continue apportando un buon rifornimento idrico alle piante. La primavera è risultata variabile alternando temperature calde e fredde, poi da Maggio il caldo si è stabilizzato protraendosi fino a metà Agosto. Dopo alcune pioggie il tempo si è assestato mantenendosi bello per i mesi di Settembre e Ottobre favorendo una buona maturazione delle uve".

Andiamo alla degustazione. Nel bicchiere il vino si presenta di colore granato, consistente. Al naso intenso con note speziate (pepe nero, lieve cannella) e di legno a far da guardia a altri sentori più delicati di frutta rossa in confettura e fiori secchi e appassiti con la viola su tutti. Elegante. Le premesse olfattive sono entusiasmanti e in bocca si trovano solo conferme, ingresso setoso, intenso e fine, morbido, di ottimo corpo, sufficientemente caldo, tannino non invadente seppur vivo.
La barrique si integra magistralmente con le note acidule del frutto, prugna soprattutto, finale ancora speziato, lieve ritorno di cannella e alcune note cioccolatose e di liquirizia. Persistenza notevolissima.
Un gran vino, perfetto per abbinamenti territoriali come pizzoccheri e piatti di carne arrosto. Speciale con formaggi stagionati, ma non sfigura affatto se bevuto da solo come vino da meditazione.

mercoledì 14 agosto 2013

Lughet 2009 - Cantine Francesco Montagna


Le Cantine Francesco Montagna sono uno dei produttori che preferisco nell'intero Oltrepò Pavese. Ho avuto modo di assaggiare diversi prodotti di questa azienda nel corso del tempo e devo dire che ho sempre trovato dei vini molto ben fatti, con un occhio rivolto alla territorialità ma senza far mancare ad ogni bottiglia un tocco di personalità che ritengo essenziale per distinguersi dalla media vinicola oltrepadana, non sempre purtroppo di altissimo livello.
 
Quest'azienda di Broni produce un buon numero di bottiglie, suddivise in alcune linee di produzione, tra le quali la linea Bertè Cordini, selezione di punta dell'azienda.
Al suo interno troviamo lo Chardonnay Lughet, che ho avuto il piacere di bere recentemente (un vino che piace non lo si assaggia solamente, lo si beve anche) e che mi ha davvero colpito.

Tutti sappiamo che lo Chardonnay è un vitigno che cresce praticamente dappertutto e che si può trovare in ogni paese che possieda anche una benchè minima produzione vitivinicola. Spesso però i risultati non sono entusiasmanti e ci si trova nel bicchiere un vino con poco carattere e quindi totalmente anonimo.
Se vogliamo a grandi linee fare alcune distinzioni trovo che due grandi espressioni di questo vitigno le si possano trovare in Borgogna (nella Cote de Beaune si trovano i migliori cru che danno vita a vere e proprie gemme enologiche, dal costo pe paragonabile a gemme stavolta intese come pietre preziose) e perchè no in California, dove chiaramente il terroir è completamente diverso così come l'approccio di chi vinifica nel cosiddetto new world. Ciò non toglie che alcune aree come Monterey o la Russian River Valley siano molto rinomate per i loro Chardonnay dai forti toni barricati.

Torniamo al nostro Lughet senza andare troppo lontano. Nel bicchiere un giallo paglierino carico, tendente al dorato, con una bella limpidezza. Al naso intenso con note di legno a ricordarci gli 8 mesi di barriques (sia nuove sia di primo passaggio) dove il vino viene lasciato a maturare. Numerosi batonnages e una criomacerazione di 24 ore sulle uve garantiscono da un lato una maggiore estrazione e ricchezza, dall'altro una più edulcorata sensazione di legno che infatti al naso sfuma per lasciare spazio a sensazioni fruttate, con frutta esotica e tropicale in netto rilievo. Anche l'assaggio è convincente, i suoi quasi quattro anni non si sentono. Un filo debole in ingresso, discreta carnosità, ancora accentuate note di frutta gialla, grande tropicalità e un bel finale dove l'acidità è ben viva e ci lascia presagire una vita residua di un paio d'anni ancora almeno, buona infine la persistenza.

Un vino che strizza l'occhio più agli Chardonnay californiani (chissà che non c'entri il periodo passato lì dal bravo enologo Matteo Bertè) ma senza tutta la pesantezza della barrique che qui si sente ma è ben integrata col frutto. Con un pò più di polposità e di estrazione potrebbe davvero giocarsela alla pari con tanti Chardonnay di punta della produzione italiana.

Il prezzo poi è interessantissimo.